LA TESTIMONIANZA DI MARIO DI MAIO

Roma sotto le bombe
19 luglio 1943

Mario di Maio, partigiano romano nato in una famiglia comunista e cresciuto nel quartiere popolare di San Lorenzo è uno degli ultimi testimoni viventi del bombardamento americano su Roma.

Marcia su Roma, 1922
Marcia su Roma, 1922

Fin da piccolissimo ho sempre guardato cosa faceva e diceva mio padre Sisto, lo seguivo in tutto e così facendo ho sempre avuto chiaro questo: a noi di San Lorenzo il fascismo non piaceva affatto. Anni prima che io nascessi, nel 1922, tutto il quartiere, con mio padre in testa, non aveva fatto entrare le camicie nere e questo ricordo era raccontato e rivendicato da tutti con orgoglio.

Mussolini con i quadrumviri della Marcia su Roma: Michele Bianchi, Emilio De Bono, Italo Balbo, Cesare Maria De Vecchi
La sede del Partito Nazionale Fascista presso il Palazzo Braschi, Roma

Ovviamente nel corso degli anni la musica era cambiata e l’oppressione del regime era forte anche da noi.
Nella piazza del Verano, dove oggi c’è il commissariato di polizia, c’era la casa dei Balilla, ogni giorno il capitano ci obbligava a leggere la scritta all’ingresso Credere obbedire combattere. Se avanzo seguitemi se indietreggio sparatemi, se ci rifiutavamo erano botte con il bastone.

Ma eravamo a San Lorenzo e la cosa non restava impunita.
Questo capitano aveva un bar nel quartiere e noi ragazzi pianificavamo sempre qualche scherzo: «Capitano guardi che non ha chiuso bene i lucchetti» e sulle mani si ritrovava qualche nostro regalino, oppure «capitano è desiderato fuori» e appena usciva gli piombava un cocomero in testa da qualche finestra.

Le camicie nere sfilano il 31 ottobre 1922 davanti al Quirinale
Le camicie nere sfilano il 31 ottobre 1922 davanti al Quirinale

Queste erano le nostre piccole rivalse anche se, con l’avvicinarsi del conflitto, il clima era sempre più pesante.

Anche a San Lorenzo, i giorni prima delle adunate a piazza Venezia, passavano i fascisti a distribuire pacchi di camicie nere e ad avvertire «se domani non venite vi chiudiamo il negozio», ecco come si riempivano i palcoscenici del regime.

Un giorno, seduti a un bar sotto casa, ci arriva uno schiaffo alle spalle «perché non avete salutato il gagliardetto?», dall’altra parte della strada dietro di noi era appena passato un milite con un gagliardetto del Pnf, «che c’ho l’occhi di dietro?» gli rispondo «se io sto qua come faccio a vede’ il gagliardetto?» e giù botte.
Se alla radio del bar partiva un discorso del duce ti dovevi alzare e fare il saluto fascista altrimenti erano guai.
Non potevamo girare in tre persone, sennò era adunata sediziosa, e questo valeva anche i bambini.

 
Nel video a sinistra,
La propaganda fascista
[Fonte RAI Storia]

Non subivamo sempre, specialmente quando ci andavano di mezzo i più indifesi o quando ad affrontarsi eravamo noi ragazzi.

Proprio per una rissa con alcuni ragazzi fascisti, a metà luglio del 1943 mi ritrovavo nel carcere minorile allora in via dei Reti.

Il 19 luglio una delle prime bombe colpisce proprio il carcere.

B-26 in volo sulla capitale
B-26 in volo sulla capitale

Dentro scoppia il panico perché le guardie si erano rifugiate e noi eravamo chiusi come topi in trappola sotto le macerie.
Riesco a rompere una grata e saltiamo di sotto dal secondo piano.
Scappiamo in ogni direzione mentre tutto intorno a noi non si vede niente, si alzano nuvole di polvere e i boati delle bombe americane impediscono di distinguere le voci di aiuto che arrivano da tutte le parti.

Fotografia dell'intelligence militare
Fotografia dell'intelligence militare: bombardamento della stazione San Lorenzo, 19 luglio 1943
Danni alle linee ferroviarie della capitale, luglio-agosto 1943
Foto scattata il 24 luglio dei palazzi danneggiati nel quartiere San Lorenzo dopo il raid del 19 luglio

Mi imbatto subito in un bambino che perde sangue dalla testa, respira ma ha la fronte spaccata, decido di portarlo in braccio con me altrimenti sarebbe rimasto sepolto e per le due ore successive non l’ho mollato un attimo.
Cerco di raggiungere l’area aperta più vicina, la piazza del cimitero del Verano, e imbocco quella che allora chiamavamo la scesa dei macellai mentre tutto intorno a me continuavano a cadere le bombe.

Istruzioni per i piloti dei bombardieri Usa
Istruzioni per i piloti dei bombardieri Usa

Arrivati quasi alla fine della discesa mi accorgo che a seguirmi c’è anche un cane che ha visto in me una via di fuga da questo inferno. Bendo la fronte del bambino con un brandello di quella che una volta era la mia camicia ma che ora sembrava tagliata apposta con le forbici.

Cade un’altra bomba, stavolta molto vicina e ci ripariamo al primo fioraio di piazzale del Verano, io sopra a tenere fermo un tavolino con il bambino e il cane raggomitolati sotto. Tutto intorno era un’unica nuvola di polvere da cui si distinguevano solo le chiome degli alberi che saltavano letteralmente per aria.

Avremmo saputo solo dopo che era stata colpita anche la Basilica di San Lorenzo.

cimitero della basilica di San Lorenzo
Gli ordigni sono finiti anche nel cimitero della basilica di San Lorenzo [Fonte Mediterranean Army Air Forces, foto del 20 giugno 1944]

Dalla nuvola compare un’ombra, ci fa cenno di raggiungerla, la seguiamo ed entriamo negli uffici all’ingresso del cimitero dove troviamo centinaia di rifugiati.

Sono assetato, la gola è piena di polvere «qui acqua non c’è» mi dice una signora che mi vede distrutto, «avevo appena fatto la spesa, te posso da’ sta pesca».
Lascio il bambino agli altri rifugiati, ormai quasi non mi reggo più in piedi.

Vado via e incontro Umberto Grozzi, che aveva un negozio di robivecchi all’angolo fra piazza dei Campani, dove vivevamo noi, e via dei Marsi, io a quei tempi facevo il garzone nella macelleria accanto. Sento Grozzi urlare al figlio «vai a pijà il camion in via dei Lucani che se ne annamo in Abruzzo», «sor Umberto vengo anche io!» gli urlo e salto su.

Bombe in picchiata sull'area dello scalo ferroviario, 19 luglio 1943
Bombe in picchiata sull'area dello scalo ferroviario, 19 luglio 1943

Mentre passiamo per via Tiburtina passa un mio amico «ah Mario stai qua te!» «eccerto che sto qua non gliela fò più a camminà, non mi reggo in piedi» «la famiglia tua sta sotto il portone di casa e mo vanno via», salto dal camion dei Grozzi e ritorno dai miei quasi in braccio a questo mio amico.

Ma questo era solo l’inizio, la guerra era ormai entrata dentro casa.

Papa Pio XII tra la folla a San Lorenzo: sono le 17 del 19 luglio
Lo scalo merci San Lorenzo alle ore 10 del 20 luglio

L’8 settembre 1943 io lavoravo vicino all’Aventino, in piazza Albania, con un mio amico di San Lorenzo, Enzetto, al negozio del padre anche lui comunista.
Arrivano i tedeschi, entrano, sparano, rubano quello che possono e ci chiudono dentro. Riusciamo a scappare e sentiamo scoppi e spari, sono i primi partigiani romani che insieme ad alcuni reparti dell’esercito combattono con i tedeschi a Porta San Paolo.

Corriamo, il padre di Enzetto si unisce ai partigiani, noi vediamo una autoblindo italiana in fiamme e riusciamo a tirarne fuori un soldato ancora vivo.
Quello è stato il primo vero combattimento cui abbia assistito mentre di bombardamenti ne avevo già subito un secondo, visto che anche il 13 agosto del 1943, durante un successivo raid americano su Roma, ero per strada allo scoperto e stavolta proprio per colpa del mio amico Enzetto.

Gli americani bombardano Roma, Giornale di attualità della United News (208 UN 62) [Fonte Archivio Istituto Luce]

Quella mattina al negozio del padre mi dice «Mario, va’ a Ponte de Ferro a ritirà sta radio» «Enzè, nun me ce fa annà a Ponte de fero che a mezzogiorno arrivano le superfortezze volanti», perché il bombardamento era stato annunciato, «nun te preoccupà, se succede qualcosa ti vengo incontro io».

Passo il ponte di corsa e incontro una donna con la borsa della spesa, sentiamo un lugubre rombo, alziamo lo sguardo e vediamo le fortezze volanti. La signora mi indica un portone per rifugiarci, non mi convince, ormai avevo esperienza di rifugi, e gli faccio cenno di proseguire. Appena lo superiamo sentiamo un boato enorme, ci giriamo e il palazzo era venuto giù come fosse di sabbia.

Scorgo un’officina, entriamo e ci infiliamo in una nicchia, siamo di fronte ai binari della stazione Ostiense e vicino ci sono i depositi di munizioni e materiali che esplodono. Un vecchietto, intenzionato a raggiungere il nostro riparo, perde tempo a spingere un carretto e scompare in una nuvola di polvere davanti a noi.

The Stars and Stripes, 14 agosto 1943
The Stars and Stripes, 14 agosto 1943 (Africa edition)
Soldati tedeschi catturati alla periferia di Roma durante l'avanzata alleata, 4 giugno 1944
Civili e partigiani durante uno sconto a fuoco nella periferia romana, giugno 1944

Anche stavolta orientarsi è quasi impossibile, non si vede più niente, riesco a tornare a piazza Albania e cado giù sfinito. Gli aerei sono ancora sopra la città e la gente corre in ogni direzione. Con le poche forze rimaste seguo qualcuno in direzione di un tunnel che, scendendo per terra, arriva alla ferrovia e fa da rifugio a centinaia di persone.

Io ormai barcollo e all’ennesima bomba lo spostamento d’aria mi fa ruzzolare giù per il tunnel fra la folla, alzo la testa e chi vedo? Enzetto col padre!

«Ammazza che stronzo che sei, me manni sotto le bombe m’avevi detto te vengo incontro e te trovo qua!»

Noi poi, con tutta la famiglia, siamo andati per un po’ di tempo in Abruzzo ma i giorni prima della liberazione della città eravamo tornati.

razionamento dell'acqua nella città bombardata
Vita quotidiana nella capitale: razionamento dell'acqua nella città bombardata, 29 maggio 1944

Un giorno, Roma era ancora occupata, mio padre mi dice «Mario prendi questo triciclo da gelataio, vai alla caserma dei Granatieri di Sardegna – tutti deportati dai tedeschi – nella seconda stanza ci sono moschetti e caricatori, li prendi, li carichi e ce li porti».

La seconda incursione aerea su Roma, 23 agosto 1943 [Fonte Archivio Istituto Luce]

Riesco ad entrare, riempio il carretto con le armi e scorgo che un soldato tedesco si era levato giberna e pistola appoggiandole all’ingresso, un altro soldato le prende per fargli uno scherzo e urla qualcosa al suo commilitone agitando la pistola.
Io sono convinto che ce l’abbia con me e mi sento raggelare il sangue, salto sul triciclo, i pedali m’arrivano in testa di quanto corro, torno a San Lorenzo e le armi finiscono così a mio padre e ai suoi compagni.

Poi è arrivato giugno, i tedeschi che si incolonnano verso nord per lasciare la città. Ricordo bene le loro facce e i pianti con le foto delle famiglie in mano, alla fine ci facevano anche un po’ pena.
Non tutti però!
Quelli che provarono a far saltare il ponte dei binari a Santa Bibiana, per dirne una, li fermò con il mitra il prete della chiesa di San Lorenzo, padre Libero «state boni ci penso io» e dopo averli messi in fuga tolse le cariche esplosive una ad una.

San lorenzo oggi
San Lorenzo oggi: i vuoti dei palazzi bombardati e non ricostruiti tra via dei Sabelli, via degli Equi e via degli Ausoni, oggi riempiti da murales
San Lorenzo oggi
San Lorenzo oggi

Un giorno, sentiamo che alla scuola Vittorio Emanuele III c’è un gran parapiglia, io e mio padre corriamo e troviamo una piccola folla che si stava accanendo contro un gruppetto di fascisti. «Fermi tutti» urla mio padre, «ma come, questo m’ha sempre menato, quest’altro pure» rispondono dalla folla, «e tu lo prendi» replica mio padre «e lo porti in questura, ci pensano loro» e così è andata.

Abbiamo restituito alla vita e alla dignità umana quel valore che per vent’anni i fascisti avevano calpestato con la complicità del re. Purtroppo poi le cose non sono andate come volevamo, i fascisti hanno continuato ad esserci in varie forme ma a San Lorenzo non sono mai più entrati, Almirante e i suoi negli anni cinquanta l’hanno sperimentato sulla loro pelle.

Mario Di Maio con la sorella in un bar di San Lorenzo dopo la guerra
Mario Di Maio con la sorella in un bar di San Lorenzo dopo la guerra

Intervista a cura della redazione.
Si ringraziano Mario Di Maio e la nipote Michela Ponzani per il materiale fotografico proveniente dall’archivio di famiglia.

Le immagini dei bombardamenti su Roma sono tratte da: Maddalena Carli e Umberto Gentiloni (a cura di), “Bombardare Roma: gli alleati e la «città aperta» (1940-1944)”, Il Mulino, Bologna, 2007

Fonti

Bibliografia minima:
• Maddalena Carli e Umberto Gentiloni (a cura di), Bombardare Roma: gli alleati e la «città aperta» (1940-1944), Il Mulino, Bologna, 2007
• Lidia Piccioni, San Lorenzo. Un quartiere romano durante il fascismo, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 2002
• Robert Katz, Roma città aperta. Settembre 1943 – Giugno 1944, il Saggiatore, Milano, 2003
• Anpi, 1943: il quartiere lacerato, opuscolo in occasione del 70° anniversario del bombardamento di San Lorenzo, Roma, 2013
• Cesare De Simone, Venti angeli sopra Roma. I bombardamenti aerei sulla Città Eterna (19 luglio 1943 e 13 agosto 1943), Mursia, Milano, 2007
• Rolando Galluzzi, Roma brucia. 19 luglio 1943 11,03: quartiere San Lorenzo, il primo bombardamento aereo sulla capitale, Ponte Sisto Edizioni, Roma, 2018

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