La difesa di Madrid
I fascisti italiani del generale Roatta sono quasi il doppio, hanno da poco preso Malaga e si sono lanciati all’assalto di Madrid, convinti che riusciranno nella conquista della capitale in cui stanno fallendo le truppe di Franco, che non avanzano dal novembre precedente, nonostante i combattimenti furiosi intorno alla città universitaria, i bombardamenti a tappeto sulla popolazione civile e gli armamenti decisamente superiori.
Quello che i nazionalisti ignorano, o sottovalutano, è che a Madrid si parlano molte lingue da quando, l’8 novembre 1937 meno di duemila volontari antifascisti tedeschi, polacchi, slavi e francesi arrivati in Spagna pochi giorni prima, male armati e senza alcun addestramento, hanno sfilato tra due ali di folla in festa prima di andare a combattere contro i golpisti nazionalisti, sono la neonata XI Brigata internazionale.
Centinaia di italiani, provenienti da ogni angolo d’Europa, combattono e sconfiggono altri italiani, regolarmente inquadrati dall’esercito fascista nel Corpo Truppe Volontarie. È la prima volta.
Le truppe di Roatta perdono quasi 5000 soldati fra morti, prigionieri e feriti, si ritirano: Madrid e la Repubblica Spagnola resistono.
Un conto in sospeso lungo quindici anni
La XII Brigata Internazionale costruita attorno al battaglione Garibaldi, comandato dal livornese Ilio Barontini, ha contribuito in modo decisivo alla difesa della capitale e soprattutto ha minato l’orgoglio dell’Italia fascista all’indomani della conquista dell’Etiopia.
Il comandante Barontini ha 46 anni, quasi il doppio rispetto a quasi tutti gli altri volontari internazionali, ha temporaneamente sostituito il repubblicano Randolfo Pacciardi, che di anni ne ha 37 al comando del battaglione Garibaldi. Questo era l’evoluzione della Centuria Gastone Sozzi, una formazione militare davvero curiosa, che non si era ancora vista sui campi di battaglia europei: nata all’interno delle milizie del partito comunista catalano ci sono comunisti, socialisti, repubblicani, giellisti (Giustizia e Libertà), qualche anarchico.
La loro età media è più alta di quella degli altri gruppi di volontari e a differenza di quasi tutti loro – ad eccezione di tedeschi e austriaci – conoscono molto bene i fascisti: hanno imparato a riconoscere spie e confidenti nei lunghi anni di esilio in Francia, hanno scritto e propagandato contro il regime dalla clandestinità e non pochi di loro li hanno combattuti a viso aperto, quindici anni prima di Guadalajara, per esempio sulle barricate a Parma.
A Parma nell’agosto 1922 a mettere in fuga le camicie nere di Italo Balbo c’era anche Antonio Cieri. Con i fascisti ha un conto aperto da allora, arricchito dal carcere e dai lunghi anni di esilio in Francia.
Giunto in Spagna si aggrega alla Sezione Italiana della Colonna Ascaso delle formazioni militari del sindacato anarchico CNT-FAI: altro esempio di eterogeneità politica di una formazione militare di volontari internazionali, stavolta a prevalenza anarchica rispetto al sempre più comunista battaglione Garibaldi, ma fondata dal giellista Carlo Rosselli e comandata dal repubblicano Mario Angeloni.
Questi, proprio come Cieri e tanti altri è tra i primi italiani a cadere in Spagna, nell’agosto del 1936 durante la battaglia di Huesca in Aragona.
Parecchi conti in sospeso con i fascisti li ha anche il commissario politico di questa eroica sezione italiana della Ascaso, l’anarchico Camillo Berneri, costretto per anni a esilio e peregrinazioni tra Francia, Belgio, Lussemburgo e Germania e assassinato infine a Barcellona nel 1937 durante la repressione stalinista contro anarchici e militanti del Poum.
Oggi in Spagna, in Etiopia, in Francia,
domani in Italia
La dimensione internazionale della lotta antifascista è uno stato di necessità, prima ancora che una scelta politica, per più di 4500 italiani (su un totale di circa 60000 volontari internazionali) che decidono di riprendere in Spagna una lotta che erano stati costretti a sospendere nei primi anni Venti. Per molti di loro la ritirata, la caduta della Repubblica, la fuga in Francia, i campi di detenzione e l’ennesima reclusione al confino in Italia – per chi era riuscito a tornare – non rappresentano la fine della lotta contro il nazifascismo.
In Francia durante il conflitto mondiale i reduci italiani non solo si aggregano alla resistenza francese, ma ne formano ampie componenti diventandone molto spesso dirigenti: l’organizzazione sindacale di soli immigrati la Main d’Oevre Immigré (MOI) è il nucleo intorno cui nascono i Franc tireurs et partisans (FTP-MOI) replicati poi nei Gruppi di azione patriottica (GAP) proprio da quei reduci italiani della guerra di Spagna – fra gli altri Giovanni Pesce, Egisto Rubini, Francesco Scotti, Anton Ukmar – che finalmente, dopo l’armistizio del 1943, riportano la guerra antifascista a casa propria dopo averla condotta dove possibile in Europa e non solo.
A sinistra: “La fuga dei repubblicani della guerra di Spagna” [Fonte Archivio Storico Luce]
C’è chi infatti la guerra ai fascisti la fa persino in Africa e precisamente in Etiopia dove dall’invasione fascista del 1936 non si è mai placata la resistenza della popolazione locale. Qui dal 1938 sono attivi «i tre evangelisti» Anton Ukmar, Domenico Rolla e Ilio Barontini che, prima di diventare il capo di stato maggiore degli FTP in Francia, organizza i guerriglieri etiopi nel Goggiam, pubblica il giornale bilingue «La voce degli abissini» e chiude infine il proprio conto con il fascismo guidando la liberazione di Bologna.
Certamente la dimensione internazionale della lotta antifascista aveva nel Comintern comunista la sua anima prevalente nonché i mezzi necessari per essere condotta attraverso tre continenti, ma sono ancora una volta le biografie personali di lungo periodo a restituire giustizia all’impegno antifascista dei tanti non inquadrati nelle formazioni comuniste. È il caso di Etrusco Benci che, dopo aver combattuto nazionalisti spagnoli e nazifascisti nelle file del Poum, dà la vita per la liberazione del Belgio.
Il lavoro dell’Aicvas
Complessivamente sono più di 300 i volontari di Spagna attivi nella Resistenza italiana, tutti passati per l’esperienza resistenziale in Francia, su cui si è concentrato il lavoro dell’Associazione Italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna.
Da anni l’AICVAS è impegnata nella costruzione della base dati Oggi in Spagna, domani in Italia, con l’obiettivo di far uscire dall’isolamento temporale le ricerche sul biennio resistenziale italiano e quelle sul triennio di guerra civile spagnolo. Questi momenti cruciali della storia nazionale dei due paesi e di quella europea possono essere correttamente studiati e spiegati solo guardando alla complessità delle vite dei loro protagonisti e della loro lotta per la libertà contro il fascismo, una lotta lunga più di venti anni, iniziata sotto casa e proseguita ovunque il fascismo allungasse le sue ombre, una lotta e un sacrificio che non ha mai conosciuto confini.
Fonti
Bibliografia minima
• Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna, La Spagna nel nostro cuore 1936-1939, AICVAS, 1996
• E. Acciai, Antifascismo, volontariato e guerra civile in Spagna. La Sezione Italiana della Colonna Ascaso, Unicopli, 2016
• H. Thomas, Storia della guerra civile spagnola, Einaudi, 1963
• E. Traverso, A ferro e fuoco. La guerra civile europea 1914-1945, Il Mulino, 2007
• G. Ranzato, L’eclissi della democrazia. La guerra civile spagnola e le sue origini 1931-1939, Bollati Boringhieri, 2004