La resistenza dei tedeschi al Terzo Reich, in altre parole, si manifesta a molteplici livelli, sotto diverse forme e all’interno di vari strati della società.
Inoltre, per assistere a episodi di insofferenza o aperta resistenza al regime, non è necessario attendere gli ultimi anni della Seconda guerra mondiale. Nell’ambito religioso, ad esempio, importanti esempi di opposizione emergono già nel corso della seconda metà degli anni Trenta.
Il clero tedesco, già diviso tra cattolici e protestanti, assume atteggiamenti diversi nei confronti del nazionalsocialismo. Mentre la Deutsche Evangelische Kirche (Dek) dell’arcivescovo Johann Heinrich Ludwig Müller rappresenta il modello di una “Chiesa di Stato” sottomessa al regime di Hitler, la “Chiesa confessante” (Bekennende Kirche) del teologo luterano Dietrich Bonhoeffer – giunto sino alla cospirazione – e dell’ecclesiastico evangelico Martin Niemöller si oppone audacemente al nazismo e ai suoi fiancheggiatori.
Allo stesso modo, la corrente del teologo svizzero Karl Barth si afferma come una delle maggiori rappresentazioni di resistenza antinazista di ispirazione luterana.
In questo senso, però, la Chiesa antinazista non incarna solo un baluardo ideologico contro il regime, ma anche un nemico contro quella sorta di culto neopagano propugnato da diversi nazisti tra cui Alfred Rosenberg. Questi, considerato tra i maggiori teorici del razzismo nordico e del nazismo stesso, sostiene che i tempi siano maturi per il ritorno a un culto fondato sulle origini pagane delle antiche popolazioni germaniche. Si tratta di una prospettiva allarmante per il destino di tutto il cristianesimo, dentro e fuori la Germania. Questo timore scatena subito reazioni e prese di posizione non sempre prudenti.
L’arcivescovo di Monaco di Baviera Michael von Faulhaber, ad esempio, critica esplicitamente la deriva neopagana dei nazisti pur senza attaccare apertamente il regime. Qualcosa di simile accade anche in Italia, dove un piccolo ma agguerrito gruppo di intellettuali cattolici si raccoglie intorno allo storico Mario Bendiscioli. Costoro contestano il progetto nazista di introdurre il criterio “biologico” anche nella disciplina teologica e, più in generale, nella fede religiosa. La loro preoccupazione incarna quella del cardinale Ildefonso Schuster il quale, in occasione dell’Avvento ambrosiano del 1938, non esita a criticare le più recenti teorie razziste che si stanno diffondendo nella società occidentale.
Nonostante il progetto di rimuovere – o almeno di nazificare definitivamente – l’intera Chiesa occidentale animasse i desideri di Hitler già prima dello scoppio della guerra, l’affermazione di un nuovo culto si sarebbe dovuta verificare solo al termine del conflitto nell’alveo di un “nuovo ordine mondiale”. L’ambiente ecclesiastico, consapevole di questo rischio, non esita a intrecciare nuovi legami con i nemici della Germania e con altri movimenti di resistenza clandestina. Tra il 4 e il 5 novembre 1941, ad esempio, gli aerei alleati fanno piovere sulla Vestfalia volantini contenenti le tre omelie del vescovo cattolico tedesco (e antinazista) Clemens August von Galen.
Tuttavia il panorama della resistenza tedesca si presenta ampio e comprende numerose provenienze ideologiche, religiose e sociali. Herbert Baum, ad esempio, è membro della Lega della Gioventù Comunista di Germania (Kommunistische Jugendverband Deutschlands) ma anche leader di un gruppo di resistenza formato da giovani ebrei. Due noti oppositori, l’ufficiale Harro Schulze-Boysen e sua moglie Libertas, pagano con la vita il loro contributo alla causa antinazista. Intermediari di una rete di spionaggio filosovietica che la Gestapo ribattezza Orchestra Rossa (Rote Kapelle), vengono giustiziati nel 1942.
Proprio a partire da quell’anno l’esito delle varie campagne militari tedesche contribuisce alla proliferazione di ulteriori e più accanite forme locali di resistenza. In termini più generali, le sconfitte dell’Asse nella battaglia di El Alamein (23 ottobre-11 novembre 1942) e – più tardi – in quella di Stalingrado (23 agosto 1942-2 febbraio 1943) accrescono la consapevolezza che il regime di Hitler sta crollando e, di conseguenza, i tempi per una controffensiva civile e militare per destituirlo sono ormai giunti.
La propaganda antinazista continua ad affidarsi alla prima (e unica) arma che finora ha mantenuto viva la speranza di salvare la Germania da un destino apocalittico. A questo scopo cominciano a diffondersi trasmissioni radiofoniche, giornali e riviste clandestine che invitano alla ribellione e alla disobbedienza. Il ministro della propaganda, Joseph Goebbels, reagisce lanciando una violenta campagna di discredito nei confronti dei nemici della Germania, in particolare gli Alleati che vengono dipinti come mistificatori e criminali.
Davanti a questa potenza di fuoco mediatica, però, la parola non è più sufficiente. Soprattutto perché, nel frattempo, la Gestapo cerca, arresta e non di rado uccide gli oppositori politici e i cosiddetti “traditori” della patria. Si giunge così al concepimento di piani cospirativi drastici al fine di rovesciare il regime ed eliminare Hitler dalla scena politica.
Uno dei tentativi più celebri, raccontato anche in un film del 2008 (Operazione Valchiria) è quello della congiura ordita da Claus Schenk von Stauffenberg e sfociato nel fallito attentato del 20 luglio 1944 ai danni del Führer. Si tratta di una rivolta armata, nata in seno ai vertici militari e completamente diversa da quella “pacifica” condotta dal gruppo della Rosa Bianca (Weiße Rose).
Video, tratto dal film
“Operazione Valchiria”
di Bryan Singer
[Metro-Goldwyn-Mayer]
La Rosa bianca, infatti, è un gruppo di giovani antinazisti di diversa estrazione sociale, culturale ed ecclesiale che si sviluppa nel contesto universitario tedesco.
Il nucleo del gruppo, stanziato a Monaco di Baviera, è costituito da Hans Scholl, sua sorella Sophie, Alexander Schmorell, Willi Graf, Christoph Probst e Kurt Huber. Quest’ultimo, docente universitario e stimato musicologo, si unisce al gruppo dopo la sconfitta di Stalingrado e contribuisce personalmente all’attività di contropropaganda.
Anche per questo motivo incontra la morte in forza di un umiliante processo farsa.
Il gruppo mette a punto un pericoloso sistema clandestino attraverso il quale i membri dell’organizzazione tentano di sabotare il regime di Hitler. In particolare, sono soliti stampare e diffondere volantini che incitano i loro connazionali a ribellarsi e resistere al nazionalsocialismo in nome della libertà e della fratellanza tra i popoli. Così al primo volantino del giugno 1942, ne seguono altri cinque, fino al 18 febbraio 1943. A quel punto, però, i giovani fratelli Scholl (tra i maggiori esponenti del gruppo) sono scoperti e arrestati presso l’Università di Monaco di Baviera. In capo a poco tempo, anche gli altri componenti dell’organizzazione vengono arrestati dalla Gestapo, processati e condannati alla pena capitale.
La diffusione dei volantini antinazisti stampati dal gruppo diventa, come diremmo oggi, virale. Non corre certo attraverso i canali di internet e dei social forum, ma si espande a macchia d’olio attraverso il principale strumento di comunicazione del momento: la posta. Tutto funziona grazie a una fitta rete di contatti, prevalentemente segreti o anonimi, incaricati di consentire la circolazione dei volantini tra gli studenti universitari di numerose città tedesche. Una volta recapitati i pacchi ai referenti, i volantini girano di mano in mano, trasportati di nascosto in treno da un luogo a un altro. Ma la Rosa Bianca si esprime anche attraverso slogan e parole chiave che oggi costituirebbero, molto probabilmente, una serie di hashtag: #Freiheit (libertà); #AbbassoHitler.
Immaginiamo come, nella nostra epoca, simili messaggi possano circolare attraverso i social forum e le chat. Ma anche come, al contrario, la censura possa oscurare questi canali esattamente come la Gestapo distrugge i volantini e va a caccia dei loro autori e delle loro autrici.
Fortunatamente il ricordo e il sacrificio dei fratelli Scholl e del loro gruppo non è andato perduto, nemmeno al di fuori della ricerca storica. In Italia, ad esempio, Ferruccio Parri cura la prefazione al libro attraverso il quale Inge Scholl racconta la drammatica vicenda del fratello Hans e della sorella Sophie. Nel 2005 un regista bavarese, Marc Rothemund, gira un film incentrato sugli ultimi giorni di vita di Sophie Scholl (Sophie Scholl – Die letzten Tage).
Video tratto dal film
“La Rosa Bianca Sophie Scholl”
(Sophie Scholl – Die letzten Tage)
Marc Rothemund, 2005
Si tratta solo di alcuni significativi omaggi alla memoria di un gruppo di giovani tedeschi e tedesche che la fondazione Rosa Bianca (Weiße Rose Stiftung e.V.) onora e promuove ogni giorno tramite numerose iniziative di carattere culturale. L’istituto si trova a Monaco di Baviera, nei pressi di quell’Università dove Hans, Sophie e tutti gli altri ebbero il coraggio di donare la propria vita in favore delle generazioni future.
Fonti
Bibliografia minima
• Inge Scholl, La Rosa Bianca, presentazione di Theodor Heuss, prefazione di Ferruccio Parri, La nuova Italia, Firenze, 1959.
• Klaus Vielhaber, Violenza e coscienza: Willi Graf e la Rosa bianca, La nuova Europa, Firenze, 1978.
• David Clay Large (ed.), Contending with Hitler: Varieties of German Resistance in the Third Reich, Cambridge University Press, Cambridge,1991.
• Klemens von Klemperer, German Resistance Against Hitler: The Search for Allies Abroad, 1938-1945, Clarendon Press, Oxford, 1992.
• Paolo Ghezzi, La Rosa bianca. Un gruppo di Resistenza al nazismo in nome della libertà, Edizioni paoline, Cinisello Balsamo, 1993.
• Peter Hoffmann, German Resistance to Hitler, Harvard University Press, Cambridge, MA, 1995.
• Joachim Fest, Plotting Hitler’s Death: German Resistance to Hitler, 1933-1945, Weidenfeld and Nicolson, London, 1996.
• Anne Nelson, Red Orchestra: The Story of the Berlin Underground and the Circle of Friends Who Resisted Hitler, Radom House, New York, 2009.
• Leone Zingales, I luoghi della Rosa bianca: un grido di libertà contro il nazismo, SCe, Spazio cultura edizioni, Palermo, 2019.