LA LIBERAZIONE DEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO

Il giuramento di Mauthausen

Il campo di concentramento di Mauthausen, in Alta Austria, 150 chilometri a ovest di Vienna, è il primo attivato dai nazisti fuori dal territorio tedesco, nell’agosto 1938, in una località già sede di uno dei principali campi per prigionieri di guerra durante la Prima guerra mondiale.

Tenendo conto anche degli oltre 40 sottocampi (tra i quali Gusen, Ebensee, Melk, il castello di Hartheim) vi sono internate circa 190 mila persone, fra oppositori politici (i primi ad arrivare da Dachau, prevalentemente tedeschi), ebrei, testimoni di Geova, rom e sinti, omosessuali, disabili fisici e mentali, criminali comuni.
Nel corso del 1944 diviene una delle destinazioni privilegiate per antifascisti e partigiani italiani, dopo la loro cattura e iniziale detenzione in Italia

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I 186 scalini della “Scala della morte”. I deportati dovevano trasportare sulle spalle i massi scavati nella cava sottostante [Fonte: A.N.P.I.]
Il campo di concentramento di Mauthausen
Il campo di concentramento di Mauthausen

Dopo l’inizio della Seconda guerra mondiale decine di migliaia di persone delle zone occupate dai nazisti vengono deportate a Mauthausen, come negli altri campi del Reich; e la popolazione concentrazionaria diventa sempre più internazionale, contando oltre 40 nazionalità diverse.

Poco meno di metà degli internati (oltre 90mila) muoiono per denutrizione, malattie, fatica (la maggior parte erano costretti al lavoro forzato nella vicina cava di granito). Ma numerose sono anche le uccisioni arbitrarie: oltre 10mila vengono sterminati nelle camere a gas del campo centrale. Nel caso degli italiani la mortalità è ancora più alta: quasi i due terzi dei 7.500 prigionieri trovano la morte.

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Prigionieri trasportano terra per la costruzione del "campo russo" di Mauthausen
Prigionieri sopravvissuti a una settimana di viaggio in vagoni aperti in attesa di disinfezione [CC BY-SA 3.0 DE]
Heinrich Himmler in visita a Mauthausen nel giugno 1941. Himmler sta parlando con Franz Ziereis, comandante del campo, con Karl Wolff a sinistra e August Eigruber a destra [CC BY-SA 3.0 DE]

I giorni più duri sono quelli dell’aprile-maggio 1945, quando il Reich ormai sconfitto organizza le “marce della morte” dagli altri campi; e la distruzione sistematica delle prove dello sterminio. In quella fase si registrano nel campo e nei suoi satelliti oltre 20.000 morti. Tra questi anche gli architetti Gianluigi Banfi (l’11) e Giuseppe Pagano Pogatschnig (il 22); gli antifascisti Carmelo Salanitro e Alfredo Violante (il 24); il predicatore evangelico Jacopo Lombardini (il 25).

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Prigionieri durante una marcia della morte partita da Dachau che attraversò diversi paesini in direzione di Wolfratshausen [Fonte: United States Holocaust Memorial Museum]

La liberazione

Il 5 maggio gli americani della III armata liberano Mauthausen, il giorno dopo Ebensee. Ci sono scene di festa, rimaste impresse a tanti deportati, da Pajetta a Maris, da Pappalettera a Ciamarra.

Ma anche in quei giorni sono 57 gli italiani morti, tra i quali il partigiano Gino Tommasi e l’industriale Roberto Lepetit (a Ebensee). Gli uomini di Patton trovano impressionanti cataste di cadaveri; e oltre 3.000 persone muoiono di stenti nei giorni successivi alla liberazione (tra questi il finanziere Andrea Lorenzetti, spentosi a Gusen il 15 maggio).

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5 maggio 1945, i carri dell’11ª divisione corazzata Usa entrano nel campo di concentramento di Mauthausen [Fonte: A.N.P.I.]
Filmato realizzato dagli americani al loro arrivo ai campi nazisti [Fonte: National Archives di College Park, Maryland]
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Campo femminile di Mauthausen dopo la liberazione

Il Giuramento

Il 16, quando il primo gruppo di deportati sovietici è ormai pronto a rimpatriare, nel piazzale dell’appello del campo si svolge una manifestazione antinazista, durante la quale gli ex- prigionieri approvano il testo di un appello poi noto come il “Giuramento di Mauthausen”:

Si aprono le porte di uno dei campi peggiori e più insanguinati: quello di Mauthausen. Stiamo per ritornare nei nostri paesi liberati dal fascismo, sparsi in tutte le direzioni. I detenuti liberi, ancora ieri minacciati di morte dalle mani dei boia della bestia nazista, ringraziano dal più profondo del loro cuore per l’avvenuta liberazione le vittoriose nazioni alleate, e salutano tutti i popoli con il grido della libertà riconquistata. La pluriennale permanenza nel campo ha rafforzato in noi la consapevolezza del valore della fratellanza tra i popoli. Fedeli a questi ideali giuriamo di continuare a combattere, solidali e uniti, contro l’imperialismo e contro l’istigazione tra i popoli. Così come con gli sforzi comuni di tutti i popoli il mondo ha saputo liberarsi dalla minaccia della prepotenza hitleriana, dobbiamo considerare la libertà conseguita con la lotta come un bene comune di tutti i popoli. La pace e la libertà sono garanti della felicità dei popoli, e la ricostruzione del mondo su nuove basi di giustizia sociale e nazionale è la sola via per la collaborazione pacifica tra stati e popoli. Dopo aver conseguito l’agognata nostra libertà e dopo che i nostri paesi sono riusciti a liberarsi con la lotta, vogliamo: conservare nella nostra memoria la solidarietà internazionale del campo e trarne i dovuti insegnamenti; percorrere una strada comune: quella della libertà indispensabile di tutti i popoli, del rispetto reciproco, della collaborazione nella grande opera di costruzione di un mondo nuovo, libero, giusto per tutti; ricorderemo sempre quanti cruenti sacrifici la conquista di questo nuovo mondo è costata a tutte le nazioni. Nel ricordo del sangue versato da tutti i popoli, nel ricordo dei milioni di fratelli assassinati dal nazifascismo, giuriamo di non abbandonare mai questa strada. Vogliamo erigere il più bel monumento che si possa dedicare ai soldati caduti per la libertà sulle basi sicure della comunità internazionale: il mondo degli uomini liberi! Ci rivolgiamo al mondo intero, gridando: aiutateci in questa opera! Evviva la solidarietà internazionale! Evviva la libertà!

Quest’appello è stato al centro del lavoro di memoria dell’Aned e delle associazioni dei deportati di diversi paesi europei.

Fondamentale è stato però il ruolo degli italiani nel preservare e coltivare il ricordo della tragedia di Mauthausen e dei campi satellite: a loro si devono infatti materiali originali preziosissimi come il diario di Aldo Carpi, il taccuino di Germano Facetti o i disegni di Aldo Tartara.

Aldo Carpi, “L’ultimo compagno nel forno crematorio di Gusen”, 1944. Gusen era uno dei sottocampi del KZ austriaco [Fonte A.N.P.I.]
Germano Facetti, Taccuino di disegni realizzati durante il periodo di prigionia nel campo di Gusen, 1944-1945. [Fonte: Fondo Germano Facetti. Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea ‘Giorgio Agosti', Torino]

Ma anche importanti segni di memoria: il Monumento Lepetit a Ebensee, con la croce disegnata da Gio’ Ponti (1948); il monumento in onore degli italiani di Mario Labò a Mauthausen (1955); il memoriale di Gusen dello studio BBPR, costruito su un’area del campo comprata dagli ex deportati italiani e francesi (1965); e numerose targhe, tra cui quelle nell’edificio del forno crematorio di Gusen e nel cortile del castello di Hartheim.

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Memoriale di Mauthausen, Gusen
L'estenuante e inutile esercizio fisico era uno dei metodi per "logorare i detenuti". Qui un gruppo di prigionieri è costretto a giocare al salto "della cavallina"
Nuovi prigionieri in attesa di disinfezione nel cortile di Mauthausen

La delegazione italiana è inoltre tra le più assidue e numerose alla celebrazione organizzata ogni anno dal Comitato internazionale. E importanti gemellaggi sono stati stretti tra Prato e Ebenseee (1987), tra Empoli e Sankt Georgen an der Gusen (1997), tra Sesto San Giovanni e Langenstein (1999), tra Firenze e Mauthausen (2009) .

Vanno inoltre ricordate le numerose visite in loco organizzate dall’Aned fin dal 1946, prima i “pellegrinaggi” per i reduci e i famigliari degli uccisi, e in seguito i “viaggi della memoria” per studenti e cittadini. Fino al recente e innovativo corso a distanza sulle deportazioni, coprogettato con l’Associazione Lapsus, online dal 2020 sulla piattaforma del Consorzio Eduopen.

Fonti

Bibliografia minima:
• G.Pajetta, Mauthausen, Picardi, Milano 1946 (ultima edizione Anpi, Varese 2009)
• V. Pappalettera, Tu passerai per il camino. Vita e morte a Mauthausen, Mursia, Milano 1965 (ultima edizione 2019)
• A.Carpi, Diario di Gusen, Garzanti, Milano 1971 (ultima edizione Einaudi, Torino 1993)
• R.A. Haunschmied, J. Prinza, Getta la pietra! Il lager di Gusen-Mauthausen, Mimesis, Milano 2008
• B.Mantelli, N.Tranfaglia, Il libro dei deportati, Volume I, Tomi 1-3, Mursia, Milano 2009
• G.Maris, Per ogni pidocchio cinque bastonate: i miei giorni a Mauthausen, Mondadori, Milano 2012 (ultima edizione Mimesis, Milano 2021)
• B. Maida, Il mestiere della memoria. Storia dell’Associazione nazionale ex deportati politici, 1945-2010, Ombre Corte, Verona 2014

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