3/3 – Una Brutal Friendship in diciassette incontri

Hitler e Mussolini

Diciassette incontri in dieci anni, da Venezia il 14 giugno 1934 fino a Rastenburg il 20 luglio 1944: in più di un’occasione hanno segnato svolte decisive per il destino non solo dell’Italia e della Germania, ma dell’Europa e del mondo intero, trascinati nel baratro della Seconda guerra mondiale.
A tenere unita l’intera vicenda è il crescere e il modellarsi di un rapporto sia personale, stretto e sincero quanto ondivago e ambivalente, sia politico-istituzionale, solo per pochi anni davvero in equilibrio.

Vite subalterne

Con il 1° settembre 1939 lo scenario viene sconvolto, ma nei mesi immediatamente successivi non sembra ancora capovolgere la relazione fra Hitler e Mussolini, che all’atto dell’invasione nazista della Polonia proclama la non belligeranza italiana, evitando una sconveniente (e insostenibile visto l’impegno preso con il Patto d’Acciaio) professione di neutralità. Nonostante sia irreversibile l’avvicinamento alla Germania, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti continuano a premere sull’Italia affinché non abbandoni la neutralità e si svincoli dall’alleato. I propositi di Mussolini sono però diametralmente opposti ed è solo questione di tempo prima di forzare l’entrata in guerra.
Prima ancora che le vittorie hitleriane su mezza Europa portino il Duce (con l’avallo del re) al passo decisivo il 10 giugno 1940, uno snodo fondamentale nelle vicende e nei rapporti con il Führer è rappresentato dal breve incontro alla stazione ferroviaria del Brennero il 18 marzo. C’è la guerra e, benché l’Italia ne sia ancora fuori, cadono tutte le esigenze – primarie fino a quel momento – di cerimoniale e scenografia: saranno da quel momento in poi incontri rapidi, operativi e dedicati (almeno nelle intenzioni) a delineare strategie. L’Italia non è ancora entrata nel conflitto, ma Hitler sa che Mussolini vuole che ciò accada quanto prima. Al pari dei suoi gerarchi, non smania per avere il vecchio maestro al suo fianco sul campo di battaglia, ma è altrettanto consapevole di non poterlo impedire e, soprattutto, vuole condurlo a mostrare le sue carte sulla questione.

Hitler si sporge dal finestrino e parla a Mussolini
Hitler si sporge dal finestrino e parla a Mussolini, Brennero - 18 marzo 1940 (Archivio Istituto LUCE-Cinecittà)

Allo scalo ferroviario di confine, sotto una pesante nevicata marzolina, il treno speciale del Duce anticipa di mezz’ora quello del Führer, che, avviato l’incontro poco dopo le 10, non esita a monopolizzare la scena con un lungo monologo, come da quel momento diverrà la prassi. Mussolini ascolta e lo tranquillizza, con frasi che tuttavia non possono soddisfare a pieno Hitler né tamponare lo squilibrio ormai evidente nelle relazioni non solo personali. L’Italia entrerà in guerra, questo è certo, ma ha ancora bisogno di tempo per preparasi e attende l’evolversi del conflitto: vi prenderà parte, perciò, nel momento in cui la Wehrmacht, con i suoi successi, avrà creato condizioni favorevoli. «Profittatore dell’Asse», lo ha definito partendo da questa circostanza lo storico tedesco Hans Woller.

Il rapido, e da tutti inatteso in quella forma, cedimento della Francia nel maggio-giugno 1940 porta l’Italia a un repentino, e decisamente mal gestito, ingresso in guerra, quando il governo transalpino sta per chiedere l’armistizio a Berlino.
Prima ancora che le Forze armate italiane diano cattiva prova di sé su tutti i fronti fra l’estate e l’autunno 1940, e che la disastrosa campagna di Grecia scattata in ottobre decreti la fine delle velleità mussoliniane di condurre una guerra parallela, già dall’incontro del Brennero si capisce che i rapporti fra il Duce e il Führer sono ormai ribaltati. Circostanza palesata da quel momento in poi da un indicatore evidente, tramandato da tutti i testimoni: Hitler tiene la parola per la maggior parte del tempo e Mussolini fatica a ritagliarsi uno spazio; in breve arriverà anche il momento in cui l’ex allievo la toglierà sdegnato al vecchio maestro.

Mussolini e Hitler in posa all'interno di uno scompartimento del treno
Mussolini e Hitler in posa all'interno di uno scompartimento del treno, Brennero - 18 marzo 1940 (Archivio Istituto LUCE-Cinecittà)

Tre mesi esatti dopo l’incontro del Brennero, Mussolini è a Monaco invitato da Hitler. L’etichetta è mantenuta, ma con qualche distinguo nella sostanza e nell’esito: il Führer aspetta il Duce a destinazione, ordinando tuttavia che il suo treno presidenziale lo prelevi a Innsbruck, dove la delegazione italiana è accolta con tutti gli onori, come accade resto del percorso e all’arrivo a Monaco. Mussolini, accompagnato da Ciano, prima di lasciare Roma ha disposto di sospendere le operazioni militari contro la Francia. Al cospetto del Führer avanza pretese enormi sul territorio transalpino; questi tarpa ogni velleità del Duce, riservandogli le briciole e annunciando che l’Italia firmerà un armistizio separato con la Francia, dopo che questa avrà capitolato nelle sue mani.

Hitler e Mussolini a Monaco di Baviera
Hitler e Mussolini a Monaco di Baviera, 18 giugno 1940
Archivio Istituto LUCE-Cinecittà

Prima del tornante decisivo dell’estate 1943, Hitler e Mussolini si vedono altre sette volte, di cui due soltanto in territorio italiano (di nuovo al Brennero a inizio ottobre 1940 e a Firenze tre settimane dopo), altro indice del fatto che a detenere il bastone del comando sia ormai uno soltanto dei due condottieri.

Archivio Istituto LUCE-Cinecittà

Villa Gaggia di Feltre, città in cui l’imperatore Carlo I d’Asburgo aveva stabilito il Quartier generale dopo la rotta di Caporetto, è il luogo di uno degli incontri memorabili fra i diciassette che hanno segnato la vicenda umana e politica dei due dittatori, per il momento e le circostanze in cui si tiene, e per quello che sarebbe accaduto una settimana dopo. L’andamento della guerra ha iniziato a volgere in negativo per la Germania e per il Giappone, è drammatica per l’Italia sul cui suolo il 10 luglio 1943 sono sbarcate truppe anglo-americane, che già dieci giorni prima avevano preso l’isola di Pantelleria.

In quell’occasione il Duce aveva provato a rassicurare gli italiani, e l’alleato, con il velleitario “discorso del bagnasciuga”, nel quale aveva garantito che gli invasori non avrebbero fatto un solo passo oltre il punto in cui il mare si congiunge alla terra, in quell’isola del Mediterraneo da anni vantata come portaerei naturale dell’Italia, motivo per cui si era a lungo opposto alla realizzazione di quel tipo di imbarcazione da parte dei cantieri italiani.

Mussolini e Hitler a Villa Gaggia di Feltre
Mussolini e Hitler a Villa Gaggia di Feltre, 19 luglio 1943

Il «convegno» del 19 luglio a Feltre è voluto dal Führer, decisamente meno incline del Duce alle sottovalutazioni, e convocato solo il 17. Mussolini, mentre l’Italia viene minacciata via terra, via mare e dall’aria è a Riccione per tamponare il riacutizzarsi di annosi problemi fisici. Sono ore frenetiche e per lui di indecisione: a Roma c’è chi lo sprona a partecipare all’incontro e a dimostrare l’antico piglio, soprattutto per sostenere l’esigenza irrinunciabile che la Germania intervenga in forze per proteggere il fronte meridionale dell’Asse. Non manca nemmeno, nelle stesse ore, chi consiglia il Duce di prospettare l’eventualità di un’uscita dell’Italia dalla guerra.
L’incontro inizia alle 11 e Hitler si presenta con Wilhelm Keitel, comandante delle Forze armate. Mussolini stavolta si fa coadiuvare da un interprete e il prescelto è il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo: durante la Resistenza sarà fra gli iniziatori e massimi responsabili del Fonte militare clandestino, languirà fra le torture per qualche settimana nel carcere nazista di Via Tasso a Roma prima di finire ucciso con un colpo alla nuca alle Fosse Ardeatine, il 24 marzo 1944.

Benito Mussolini e Adolf Hitler durante una visita di Mussolini a Monaco
Benito Mussolini e Adolf Hitler durante una visita di Mussolini a Monaco, 19 giugno 1940

A Feltre non è in discussione chi debba prendere per primo la parola e parte l’abituale monologo di Hitler: Mussolini ha lamentato questa inclinazione sin dal primo incontro, quando ancora guardava dall’alto in basso Hitler, sprezzando quei profluvi di parole dai concetti scomposti. Stavolta però il monologo è una dura reprimenda sull’inefficienza dell’Italia.

Quello che solo qualche rarissima foto di esterni ha potuto fissare viene testimoniato da Dino Alfieri, ambasciatore d’Italia a Berlino (una settimana dopo fra coloro che voteranno a favore dell’ordine del giorno presentato da Dino Grandi, che sconfesserà Mussolini e il suo operato): il Duce ascolta in silenzio, con le braccia conserte appoggiate su una gamba accavallata, goffamente sprofondato nella sua poltrona.

Il quartiere San Lorenzo, duramente colpito dalle bombe, Roma - 10 luglio 1943
Abitanti di Roma scavano tra le rovine dopo il bombardamento, Roma - luglio 1943

Se questo copione, al di là della pesantezza o meno delle accuse, era largamente prevedibile vista la situazione generale, sorprende tutti l’evento che sconvolge l’incontro dopo appena mezz’ora: entra trafelato in sala il segretario particolare di Mussolini, per comunicare che è in atto un intenso bombardamento su Roma. Il colloquio viene interrotto, ma alla ripresa l’atteggiamento di Hitler è impressionante: perfettamente identico a un’ora prima, come se nulla fosse accaduto, e l’invettiva ricomincia dal punto in cui era stata bloccata. Mussolini, costernato dall’accaduto, non lo segue più e aspetta che il supplizio finisca, così da poter rientrare a Roma. Non demorde tuttavia dal suo intento iniziale e, durante il frugale pranzo, prova di nuovo a battere sul tasto dell’aiuto militare all’Italia. Lo raccontano testimonianze indirette, dato che nessuno viene ammesso a quella tavola, le medesime che ricordano urla di collera da parte di Hitler,

accompagnate da eloquenti pugni sul tavolo che fanno tintinnare piatti, posate e bicchieri. Sul finale tuttavia, in uno scatto tipico del suo carattere, il Führer cambia repentinamente tono, lasciandosi andare a confidenze sulle armi segrete in via di approntamento. Imbarazzo, disagio, colpevoli equivoci e sottovalutazioni fanno da corollario al commiato verso le 17: Mussolini, apparentemente sollevato, prende da parte Vittorio Ambrosio, capo di Stato maggiore generale, confidandogli che, stavolta, Hitler ha ascoltato e accettato le sue richieste, garantendo l’appoggio necessario. Il piano Alarich, già allo studio a Berlino, avrebbe poi previsto sì la discesa di reparti della Wehrmacht in Italia, ma con tutt’altra finalità, certo non prevedibile in quelle ore ma inequivocabile già un paio di settimane dopo.

La storia che segue è nota in tutta la sua capitale importanza: il 25 luglio Mussolini viene sconfessato dal Gran Consiglio del Fascismo, il re gli toglie la carica di Capo del Governo, sostituendolo con Badoglio, e lo fa arrestare. L’Italia in seguito firma l’armistizio con gli anglo-americani, reso noto la sera dell’8 settembre. Quattro giorni dopo, il blitz guidato dal maggiore delle SS Otto Skorzeny libera Mussolini dalla sua ultima prigione, Campo Imperatore, portandolo in volo in Germania.

"Popolo e libertà", 26 luglio 1943
"Popolo e libertà", 26 luglio 1943

L’immagine più significativa del penultimo incontro fra i due dittatori, a metà settembre 1943 al Quartier generale del Führer in Prussia orientale, è quella iniziale. Prima ancora di poter salutare i pochi fedelissimi che lo attendono, e riabbracciare suo figlio Vittorio, Mussolini (in borghese con cappotto e cappello neri) si trova davanti Hitler (in divisa): lo saluta con il braccio teso in alto, ricevendo in risposta una stretta di mano. Un’immagine che chiude idealmente il cerchio con il momento in cui il loro rapporto era ufficialmente cominciato, poco più di nove anni prima. Il resto dell’incontro non può che avere un copione abituale e per diversi aspetti inevitabile:

il Führer chiede, talvolta ordina, il Duce annuisce, tranquillizza, obbedisce. Di lì a poco, dopo alcuni giorni trascorsi fra Berlino e Monaco, durante i quali ha l’opportunità di tornare a parlare via radio agli italiani, Mussolini può rivestire i panni del capo. Nasce la Repubblica sociale italiana, il Paese è spaccato in due e l’alleato è diventato occupante. La parabola politica e umana del Duce sta per raggiungere il punto più basso, e finale; lui lo sa e, sebbene cerchi in ogni modo di non mostrarlo in pubblico, emerge in tutto e per tutto nella sua sfera privata. Non ha infatti timore a parlare di sé, nella corrispondenza con la sua amante Claretta Petacci, come di un «cadavere ambulante».

L’incontro Mussolini-Hitler al Quartier generale germanico. Il Duce passa in rivista la Divisione “San Marco” in un campo d’addestramento, 15 maggio 1944 [Fonte Archivio LUCE]
Mussolini saluta il figlio Vittorio, Rastenburg - 12 settembre 1943 (Archivio Istituto LUCE-Cinecittà)
Mussolini e Hitler si stringono la mano, Rastenburg - 12 settembre 1943 (Archivio Istituto LUCE-Cinecittà)

Rastenburg, Prussia orientale, Quartier generale del Führer, «Tana del lupo» (Wolfsschanze) come gli stessi nazisti amano definire quel luogo, 20 luglio 1944: sono il luogo e la data dell’ultimo incontro fra il Führer e il Duce. Al di là dei sorrisi di circostanza e dei convenevoli, la situazione è critica – almeno all’inizio – non per la condizione di irrimediabile disparità fra i due. Hitler è infatti appena sfuggito all’attentato ordito ai suoi danni dal maggiore Claus Schenck von Stauffenberg. La Germania è sconvolta ma viene subito bloccata ogni possibile deriva: lo Stato riafferma la sua solidità e parte la caccia ai responsabili, diretti e indiretti. Cadranno di lì a poco molte teste, fra le quali quella del feldmaresciallo Erwin Rommel, a conoscenza della trama sebbene non direttamente coinvolto, che obbedisce al suggerimento di togliersi la vita.
Mussolini è visibilmente dimagrito, ha il volto pallido e scavato, forse il timido sorriso che abbozza salutando Hitler è dettato anche dalla debole consolazione di non essere più l’unico ad aver subito l’onta del tradimento da parte dei suoi, presunti, fedelissimi.

Hitler, con il braccio al collo dopo il fallito attentato, accoglie Mussolini a Rastenburg
Hitler, con il braccio al collo dopo il fallito attentato, accoglie Mussolini a Rastenburg, 20 luglio 1944
La sala conferenze della "Tana del Lupo" dopo l'esplosione del 20 luglio 1944: sono visibili al centro, con la divisa chiara, Hermann Göring e, alla sua destra, Martin Bormann
Adolf Hitler, scampato all'attentato, visita insieme a Benito Mussolini ciò che resta della sala riunioni

Sbaglia chi pensa che sia poco più di una messinscena questo ultimo incontro fra un Führer ferito e un Duce «cadavere ambulante», alla spasmodica ricerca di consenso e credito. Certo, la Rsi è nella sostanza pienamente subordinata a Berlino, l’Italia occupata dalla Wehrmacht è in tutto assoggettata alle sue esigenze, il Duce non ha – di fatto – le mani libere se non per garantire ai nazisti la possibilità di perseguire i propri obiettivi militari. In più, la situazione generale del conflitto sta precipitando su tutti i fronti, aggravata dallo sbarco in Normandia di un mese e mezzo prima, peraltro seguito in agosto da uno analogo in Provenza. Le truppe britanniche stanno avanzando anche in territorio italiano, in quell’estate segnata da una sequenza di offensive da parte delle forze della Resistenza che conduce alla straordinaria stagione delle zone libere partigiane.

Mussolini è consapevole della sua condizione ma, tanto per convinzione quanto per opportunità, non vuole rassegnarsi a un ruolo da vassallo, se non da servitore. È Capo di uno Stato, vuole esercitarne le funzioni e aspira a una credibilità internazionale, per garantirsi un futuro al quale non è dato sapere quanto, effettivamente, creda. Le richieste che presenta a Hitler sono essenzialmente tre: fermare gli anglo-americani sull’Appennino tosco-emiliano, in attesa di poter poter passare alla controffensiva; inviare subito in combattimento, anche per questa ragione, le quattro divisioni delle ricostituite Forze armate dell’Italia fascista repubblicana, da mesi in addestramento in Germania e da lui visitate qualche settimana prima; risolvere la scomoda (per i suoi interessi) situazione delle centinaia di migliaia di soldati del fu Regio Esercito detenuti in Germania come Internati militari italiani, modificandone le condizioni.

Biblioteca-Archivio della Fondazione Luigi Micheletti di Brescia; Fondo ANEI, Album Paride Piasenti
Internati militari italiani in Germania (Biblioteca-Archivio della Fondazione Luigi Micheletti di Brescia; Fondo ANEI, Album Paride Piasenti)

Se in risposta alle prime due richieste riceve una serie di garanzie, tanto ovvie quanto (prevedibilmente) vuote, la soluzione del terzo problema colpisce denotando l’irrimediabile, quanto colpevole, inconsistenza dell’ultimo fascismo. Gli Imi, per il momento con l’esclusione dei gradi superiori, sono trasformati in «Liberi lavoratori civili», nei confronti dei quali Mussolini assurge al ruolo ufficiale di «protettore». Una soluzione che non sortirà, se non sporadicamente, alcun esito positivo per gli internati, che soffriranno e moriranno in prigionia fino all’aprile 1945.

Un rapporto snodatosi in dieci anni, basato su una congenialità ideologica, su un’alleanza militare cementata da obiettivi strategici comuni, una singolare amicizia fra due uomini perennemente in bilico fra ammirazione e diffidenza si chiude tragicamente, coronando la conclusione della tragedia della Seconda guerra mondiale in Europa: escono di scena a due giorni di distanza l’uno dall’altro. Mussolini viene fucilato dai partigiani sul lago di Como, il 28 aprile 1945; Hitler si toglie la vita il 30 nel bunker della Cancelleria a Berlino.

Fonti

BIBLIOGRAFIA MINIMA:
• M. Fioravanzo, L’Europa fascista. Dal “primato” italiano all’asservimento al Reich (1932-1943), Franco Angeli, Milano 2022.
• F. Cardini, Hitler e Mussolini. Lettere, documenti, intercettazioni telefoniche, Adler 2021.
• C. Goeschel, Mussolini e Hitler. Storia di una relazione pericolosa, Laterza, Roma-Bari 2019 (2018).
• H. Woller, Mussolini, il primo fascista, Carocci, Roma 2016.
• P. Milza, Hitler e Mussolini. Tutti i segreti di una tragica amicizia, Longanesi, Milano 2015.
• M. Fioravanzo, Mussolini e Hitler. La Repubblica sociale sotto il Terzo Reich, Donzelli, Roma 2009.
• R. De Felice, Mussolini e Hitler. I rapporti segreti 1922-1933, Le Monnier, Firenze 1983.
• F. W. Deakin The Brutal Friendship. Mussolini, Hitler and the Fall of Italian Fascism, Weidenfeld&Nicolson, London 1962 (edizioni italiane: Einaudi, Torino 1963 e 1990).

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