Sarzana luglio 1921

Fermare lo squadrismo è possibile

20 luglio 1921, è notte fonda ma la cittadina di Sarzana, al confine fra Liguria e Toscana in piena Lunigiana, brulica di ombre che scrutano l’orizzonte, alcune si appostano sui tetti e sembra abbiano con sé pentoloni fumanti, altre pattugliano strade e sentieri che dalla città portano in campagna. Sono gli abitanti del paese, organizzati dal sindaco socialista Terzi in un «comitato di salute pubblica», e con loro decine di Arditi del Popolo e militanti socialisti e comunisti accorsi dalle zone costiere ma anche dall’entroterra toscano dopo i fatti dei giorni prima. Tutti aspettano l’arrivo dei fascisti che, ne sono sicuri, saranno tanti e ben armati.

La Stampa, 22 luglio 1921
La Stampa, 22 luglio 1921

D’altronde il clima è questo da tempo in tutto il paese. Due mesi prima, il 15 maggio, i fascisti hanno fatto il loro ingresso trionfale in Parlamento nelle liste del Blocco Nazionale di Giolitti che si era illuso di poterli gestire senza però riuscirvi. Nell’inverno 1920/21, il movimento operaio perdeva il suo slancio, la violenza fascista era dilagata in tutto il Centro-Nord partendo proprio dalla campagna tosco-emiliana e nella primavera del 1921 città come Firenze, Massa, Carrara, La Spezia erano ormai i centri propulsori del terrorismo squadrista in Toscana e Liguria.

Una piccola cittadina però resiste da mesi. A Sarzana la giunta socialista è saldamente al potere e si prodiga per preservare i contatti con gli antifascisti della zona, manda delegazioni al nuovo governo Bonomi, cerca di tenere dalla propria parte le forze dell’ordine.
Tutto questo è intollerabile per un fascismo che, impunito, in quei mesi si sente del tutto legittimato a usare la forza contro chiunque gli si opponga, anche perché non si tratta mai delle forze di pubblica sicurezza.

Il 12 giugno una prima spedizione squadrista devasta la sede della cooperativa di consumo di Sarzana ma è per il giorno dopo che il capo dello squadrismo carrarese, Renato Ricci, ha organizzato le cose in grande. Mentre il suo gruppo ritorna a Sarzana e viene affrontato dagli antifascisti (negli scontri muore per mano fascista un passante, Luigi Gastardelli), un altro gruppo attacca il circolo dei ferrovieri della vicina Pontremoli e nella lotta muore il comunista Giacomo Bastreni. Quella sera sedici fascisti passano una notte in prigione ma vengono rilasciati il giorno successivo.

Segue un mese di relativa calma in cui in realtà le forze antifasciste si organizzano e prendono consapevolezza della possibilità e della necessità di respingere i fascisti che a Sarzana in quei giorni non riescono a uscire di casa. Il merito è anche degli Arditi del Popolo, organizzazione nata ufficialmente il 17 giugno con lo scopo dichiarato di rispondere la violenza squadrista e di respingerla e che in quelle stesse settimane sta aprendo numerose sedi anche in Toscana.

Proprio gli Arditi sono indicati dalla polizia come gli autori dell’omicidio del nazionalista Pietro Procuranti del 15 luglio, fatto scatenante degli eventi del 21.
Il 17 Renato Ricci guida i funerali di Procuranti alla testa di 150 squadristi armati e per il pomeriggio è pronta la rappresaglia, obbiettivo un comizio anarco-comunista a Monzone. I fascisti entrano in paese bastonando e accoltellando chi capita, saccheggiano le case, devastano la sede della cooperativa di consumo l’Avvenire. Muoiono due persone estranee ai comizi, Dino Rossi e Rino Garfagnini e i feriti sono più di una decina.
La scia di sangue del 17 luglio continua prima ad Aulla, dove i fascisti feriscono un anarchico, e poi a Santo Stefano di Magra dove uccidono i contadini Luigi Del Vecchio ed Edoardo Vannini, fanno un’altra quindicina di feriti e proseguono nel saccheggio delle abitazioni.

Renato Ricci premia un Balilla
Renato Ricci premia un Balilla

L’obbiettivo dei fascisti non è ancora stato raggiunto, puntano Sarzana la rossa ma non sono più nelle condizioni di agire impunemente. La città è protetta da un cordone di posti di blocco e ronde antifasciste e le squadre di Ricci sono costrette ad abbandonare i camion (spesso dati alle fiamme dagli abitanti delle campagne) e a proseguire a piedi lungo la ferrovia, non senza allungare la conta delle vittime: viene ucciso senza motivo il pescatore Rinaldo Spadaccini. Il suo compagno riesce a fuggire e allertare gli antifascisti che corrono incontro agli uomini di Ricci armi in mano; il bilancio è di sette fascisti all’ospedale, un morto (Venanzio Dell’Amico), e una decina di arrestati fra cui lo stesso Ricci.

Renato Ricci con la sua squadra carrarese
Renato Ricci con la sua squadra carrarese

Dopo questa giornata è chiaro a tutti cosa succederà: i capi dello squadrismo fiorentino Umberto Banchelli e soprattutto Arrigo Dumini (che tre anni dopo guiderà l’assassinio di Giacomo Matteotti) minacciano la vendetta mentre Arditi del Popolo e militanti socialisti, comunisti e anarchici confluiscono verso Sarzana dalle zone vicine.

Il 20 luglio due giovani squadristi provenienti da La Spezia sono intercettati dagli Arditi mentre tentano di raggiungere Carrara per coordinare l’azione su Sarzana, i due saranno ritrovati dopo i fatti del 21, seviziati e giustiziati.
Ormai lo scenario in quelle campagne è di aperta guerra civile: nel pomeriggio del 20 sono gli Arditi a passare all’offensiva, respingendo verso La Spezia i fascisti accampati sulle alture di Ameglia e Montemarcello i quali nella fuga uccidono, anche stavolta senza motivo apparente, un vecchio contadino, Francesco Marchini.

Siamo così giunti all’alba del 21 luglio.

Circa 600 squadristi raggiungo il piazzale della stazione di Sarzana poco fuori il centro abitato, chiedono il rilascio di Ricci, una punizione esemplare per un ufficiale che secondo loro lo avrebbe schiaffeggiato (informazione che si rivelerà falsa) e la possibilità di presidiare il paese per ristabilire l’ordine.

Di fronte ai fascisti si schierano una quindicina fra carabinieri, soldati e poliziotti, al comando del capitano Guido Jurgens il cui curriculum non è certo quello di un socialista. Il capitano è un uomo d’ordine, durate la guerra ha dato la caccia agli «autolesionisti» (chi si procurava appositamente ferite per non andare al fronte) e ha proseguito la sua carriera in Libia. Jurgens però da giorni si coordina con il sindaco Terzi con il solo obbiettivo di mantenere l’ordine e ha ben chiaro chi è la causa delle violenze. Di fronte agli squadristi non ha quindi dubbi e rifiuta ogni improbabile richiesta degli uomini guidati da Dumini.

Da quando, circa un anno prima, sono iniziate le spedizioni punitive, gli squadristi mai si sono trovati davanti un plotone di carabinieri, baionetta e colpo in canna pronti a sparare, non sanno che fare, hanno la consegna di rispettare la forza pubblica e da questa sono stati sempre agevolati o ignorati nelle loro scorribande.
Dopo l’iniziale smarrimento, decidono di passare all’azione, avanzano compatti contro i carabinieri e fanno partire un colpo. Le forze dell’ordine non esitano e rispondono con molta più efficacia dei fascisti. Muoiono sul colpo il caporale Paolo Diana e cinque squadristi, altri tre moriranno poco dopo all’ospedale.
A questo punto per i fascisti è il caos: il gruppo si divide, chi rimane nel piazzale si barrica all’interno della stazione e riesce a contrattare sia il rilascio degli arrestati dei giorni prima (obbiettivo dell’intera spedizione) sia la partenza di un treno per lasciare da Sarzana.
Centinaia di squadristi invece sono sotto shock, mai avevano affrontato la forza pubblica e il panico li ha fatti disperdere nelle campagne. Ad attenderli ci sono i contadini in armi che per settimane hanno subito violenze di ogni tipo e intendono vendicarsi. Il pomeriggio del 21 diventa quindi teatro di una gigantesca caccia all’uomo ad opera delle milizie antifasciste e degli abitanti delle campagne: altri tre squadristi vengono uccisi mentre a fine giornata la spedizione conta più di 50 feriti.

Tre sottufficiali degli Arditi in posa
Tre sottufficiali degli Arditi in posa alla fine della guerra (BATCH)

Intanto gli squadristi rimasti a Sarzana risalgono armati sul treno predisposto per loro. Si sentono finalmente al sicuro e riprendono a sparare a case e persone dal convoglio in movimento, un innocente casellante viene ucciso e altri venti sono i feriti tra gli abitanti della zona. Nessuno è disposto a tollerare oltre e dai centri abitati e dalle campagne si risponde agli spari, muore così sul treno l’ultimo fascista della giornata, Piero Gattini.

I fatti del 21 luglio di Sarzana hanno da subito un’eco enorme in tutto il paese.

Tutti i giornali non di sinistra si allineano nell’ignorare la scia di sangue del mese che precede il 21 luglio e descrivono Sarzana come centro di barbara sovversione. In Parlamento alle parole sprezzanti di Dino Grandi rispondono le timide dichiarazioni dei socialisti Matteotti e Modigliani che in quelle settimane sperano di «portare a casa» quel patto di pacificazione con i vertici del fascismo al quale non credono invece Arditi e comunisti.
Che la pacificazione non è all’orizzonte è confermato dalle reazioni della base fascista alle notizie giunte da Sarzana: violenze anche gravi si verificano a Milano, Bologna, Napoli e in tutta la Toscana, a Carrara sono assassinati due comunisti.

Tra il 22 e il 26 luglio un autoproclamato «Plotone d’esecuzione» fascista fa sei morti a Fossola e Bergiola (frazioni di Carrara) ma il culmine della rappresaglia avviene tra Sassofortino e Roccastrada, vicino a Grosseto. Qui la vendetta dei fascisti per i fatti di Sarzana offre un’anticipazione di cosa subiranno quelle zone venti anni dopo durante le ritirate dei nazifascisti: quindici case bruciate, campi incendiati, decine di feriti e dieci morti ad opera della squadra comandata dal fascista Dino Castellani.

Manifesto del Fascio di Carrara
Manifesto del Fascio di Carrara, 22 luglio 1921

A fronte di questi avvenimenti l’ispettore generale Trani, posto a capo dell’ordine pubblico della zona dopo il 21 luglio, stende una accurata relazione – un documento unico fra quelli prodotti dalle forze dell’ordine in quegli anni – in cui viene chiarita la responsabilità fascista dei disordini, inserita in una strategia generale di destabilizzazione del paese finalizzata a instaurare una dittatura paramilitare. Dopo aver consegnato la sua relazione al Ministero dell’interno, Trani viene sostituito con figure più accomodanti con i fascisti e chiuderà malamente la sua carriera. Peggio ancora va al capitano dei carabinieri Jurgens, l’ufficiale che opponendosi ai fascisti a Sarzana aveva creato un precedente unico in tutto il paese: messo in aspettativa e trasferito, verrà espulso dall’Arma.

Per Mussolini i fatti di Sarzana sono l’occasione per affermare all’interno del movimento fascista la linea dell’appeasement con i socialisti e mostrarsi all’esterno come unica figura in grado di contenere le violenze. Il 23 e 24 luglio, mentre lo squadrismo prosegue nella sua sanguinaria vendetta, il capo del movimento rivendica in Parlamento la circolare approvata dal Consiglio del fascismo che impone la calma alle squadre d’azione.
La pacificazione con le sinistre appare sempre più necessaria a Mussolini anche se, sul momento, il patto sottoscritto con i socialisti il 2 agosto provoca crepe profonde all’interno del fascismo, colmate soltanto con la trasformazione del movimento in partito, prima e l’inquadramento delle squadre nella Milizia, poi.

Tito Zaniboni e Giacomo Acerbo, firmatari del patto di pacificazione tra socialisti e fascisti
Tito Zaniboni e Giacomo Acerbo, firmatari del patto di pacificazione tra socialisti e fascisti

Nei vent’anni di regime seguenti, le giornate di Sarzana offrono alla propaganda l’occasione per celebrare i martiri della rivoluzione fascista (una targa e un sacrario fascista sorgono a Sarzana già un anno dopo), mentre la cittadina della Lunigiana subisce l’inevitabile punizione: uffici e sedi amministrative sono trasferite a La Spezia, la giunta socialista è commissariata già un anno dopo. La repressione colpirà a lungo gli antifascisti protagonisti di quelle giornate. Essere originari di Sarzana rappresenterà un’onta fino alla fine della guerra.

Spesso l’ascesa del fascismo è stata raccontata come inevitabile conseguenza degli orrori della guerra, del mancato riconoscimento delle ambizioni italiane dopo il conflitto, delle tensioni rivoluzionarie del «biennio rosso».
I fatti di Sarzana dimostrano che l’affermazione del fascismo fu favorita anche e soprattutto dal lasciapassare che ricevette dall’autorità pubblica, preoccupata esclusivamente di reprimere il movimento operaio e contadino e quasi ovunque connivente se non proprio complice delle squadre armate e finanziate, specie nelle campagne emiliane e toscane, da industriali e agrari.

Un capitano dei carabinieri in grado di opporre il proprio NO alla violenza squadrista e una piccola comunità in armi pronta a difendersi, con la loro determinazione, hanno rappresentato un esempio che non può che aggravare il giudizio storico su chi – il re, il Regio Esercito, i governi Bonomi e Facta – quel NO mai fu in grado di pronunciarlo.

Fonti

Bibliografia minima:
• Claudio Costantini, I fatti di Sarzana nelle relazioni della polizia, Grafiche sarzanesi, Sarzana 1971.
• AA.VV., La storia come identità. I fatti di Sarzana del 21 luglio 1921 nella storiografia nazionale ed europea, Atti del convegno di Sarzana (19-20 luglio 2002), Ippogrifo Liguria, Lerici 2003.
• Mimmi Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Mondadori, Milano 2004.
• Andrea Ventura, I primi antifascisti, Sarzana estate 1921, Politica e violenza tra storia e storiografia, Sestri Levante, Gammarò, 2010.
• Giuseppe Meneghini, La Caporetto del Fascismo, Mursia, Milano 2011.
Barricate in ogni città. A cento anni dalla nascita degli Arditi del Popolo, convegno on-line del 10 giugno 2021, organizzato da Centro studi movimenti, Istituto nazionale Ferruccio Parri e «Zapruder – Storie in movimento», con il contributo della Regione Emilia-Romagna, Parte I, Parte II, Parte III.
Resistenza Ante litteram. 1921-2021 a cent’anni dai Fatti di Sarzana, Convegno di Studi del 16 e il 17 luglio 2021 organizzato da Archivi della Resistenza, Anppia, Anpi Sarzana, Museo audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo, di cui si segnalano alcuni estratti Sessione I, Sessione II, Sessione III.

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