28 dicembre 1943

Dalla storia alla memoria: i fratelli Cervi

È l’alba del 28 dicembre 1943, esattamente le 6.30, quando nel poligono del tiro a segno di Reggio Emilia un reparto fascista fucila sette fratelli partigiani – Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore Cervi – assieme a un disertore che si è nascosto a casa loro, Quarto Camurri. Una storia abbastanza nota, che diventerà nel tempo uno dei simboli più duraturi e radicati nella memoria pubblica della Resistenza in Italia.

La famiglia Cervi
La famiglia Cervi

Ma non lo è da subito, perché inizialmente pesano le tensioni maturate durante la lotta antifascista tra i Cervi e alcuni esponenti comunisti reggiani. Poi, di fronte all’emersione di un forte sentimento popolare di identificazione nel dramma di sette giovani fratelli uccisi tutti insieme, queste perplessità vengono spazzate via, anche se negli anni sono riutilizzate qualche volta a scopo polemico.

Nel maggio 1944 si costituisce nell’Appennino reggiano il distaccamento partigiano “Fratelli Cervi”, che si dota di un inno, Compagni fratelli Cervi, che conoscerà una certa diffusione nel dopoguerra. Solo nell’ottobre 1945 le salme dei sette fratelli sono riesumate e, inaspettatamente, il trasporto delle bare da Reggio Emilia a Campegine e il funerale, organizzati dalla piccola sezione comunista del paese dei Cervi, vedono la commossa partecipazione popolare di migliaia di persone anche in città.

Funerale fratelli Cervi
Funerale fratelli Cervi

La prima tappa pubblica della costruzione della memoria dei Cervi è la consegna al padre Alcide di sette Medaglie d’argento al valore militare da parte del presidente della Repubblica Enrico De Nicola, il 7 gennaio 1947. Lo stesso anno, anche il comando delle brigate Garibaldi conferisce alla memoria dei sette fratelli il diploma di medaglia garibaldina. Riconoscimenti arrivano anche dalle autorità alleate e dall’Unione Sovietica, per l’impegno della famiglia nell’aiuto agli ex prigionieri. Ma in provincia questa storia è conosciuta anche grazie al giovane muratore Pietro Cocconi, il quale mette in scena il dramma I sette fratelli Cervi. Tragedia in quattro atti, che ottiene un notevole successo con 144 rappresentazioni nel giro di pochi mesi.

Attestato di medaglia garibaldina
Attestato di medaglia garibaldina

Casa Cervi comincia a essere meta di pellegrinaggi, sia individuali che organizzati, di chi vuole incontrare Alcide e sentirsi raccontare la storia dei suoi sette figli. Mentre il resto della famiglia continua a lavorare sul fondo agricolo, lui si fa carico di questo racconto, incontrando centinaia di delegazioni, in particolare dei ragazzi e delle ragazze dell’Associazione dei Pionieri d’Italia e dell’Associazione Falchi rossi italiani, organizzazioni giovanili dei Partiti comunista e socialista, fondate entrambe a Reggio Emilia nel 1949, e delle “Rondinelle” dell’Unione donne italiane.

Alcide Cervi davanti alla propria casa
Alcide Cervi davanti alla propria casa

Nel 1953, in occasione del primo decennale della fucilazione, lo scrittore Italo Calvino pubblica due articoli sul periodico partigiano “Patria indipendente” e sul quotidiano comunista “l’Unità”, fondamentali nella costruzione della loro memoria. A questi si aggiungeranno altri contributi di intellettuali, scrittori e poeti, come Piero Calamandrei, Salvatore Quasimodo, Rafael Alberti.
Nel triennio del primo decennale della lotta di Liberazione si consolida il ruolo di papà Cervi come simbolo della Resistenza italiana, e si struttura il racconto della storia dei suoi figli.

Il 18 gennaio 1954 Alcide è ricevuto dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi: per la prima volta un contadino entra al Quirinale per incontrare la più alta carica dello Stato. Passaggio fondamentale è l’uscita, nell’agosto 1955, del libro di Alcide Cervi, curato dal giornalista Renato Nicolai, I miei sette figli. Pubblicato da Editori Riuniti, è il primo volume della nuova collana “Biblioteca della Resistenza” e in due mesi vende 30.000 copie. Nel 1956 l’editore decide di stamparne un’edizione economica, che ha un successo clamoroso con 500.000 copie vendute in pochi mesi, grazie soprattutto all’impegno nella diffusione del Partito comunista che, con questo libro dal forte contenuto pedagogico, vede la possibilità di ribadire il carattere nazionale e popolare del partito.

Alcide Cervi incontra il presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, 1954
Alcide Cervi incontra il presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, 1954

Una testimonianza efficace di questa diffusione arriva dal resoconto del segretario della sezione di Valle Scrivia (Genova), uscito sul periodico comunista “Quaderno dell’attivista”:

Il libro è stato uno strumento efficace di penetrazione e di contatto con numerosi contadini specie nelle zone ove il partito non era ancora giunto con la sua organizzazione e si trattava quindi di costruirlo. […] Ben presto si ebbero i primi frutti: ovunque si parlava del libro e di papà Cervi. Nelle case le famiglie contadine raccolte intorno al fuoco ascoltavano il figlio o la figlia che leggevano a voce alta. […] Fra un gruppo di contadini è stata anche lanciata la proposta di una gita a Campegine e tutti hanno aderito con entusiasmo, perché tutti vorrebbero conoscere Cervi e stringergli la mano. «Leggendo il libro – disse un contadino di Senarega – pare che Cervi sia stato anche da noi e ci conosca tutti».

Negli anni successivi il libro viene tradotto e diffuso in altri quattordici paesi, ottenendo un grande successo in Unione Sovietica, Giappone, Argentina, Romania, Cina e Francia. Nel 1971, un anno dopo la morte di papà Cervi, ne esce una nuova edizione, questa volta però completamente epurata dai riferimenti espliciti all’Unione Sovietica, a “l’Unità”, a Stalin, al comunismo. Un’operazione compiuta senza coinvolgere la famiglia, per rendere più “accettabile” questa storia nel nuovo contesto sociale. Di questa versione escono successivamente anche alcune edizioni per ragazzi poi, nel 2010, con la cura di Luciano Casali, Einaudi pubblica I miei sette figli nella versione originaria.

Un altro evento contribuisce in modo indiretto a consolidare l’attenzione verso la storia dei Cervi, in particolare nel mondo giovanile. Il 7 luglio 1960, nel corso di uno sciopero proclamato dalla Camera del lavoro di Reggio Emilia per protestare contro il governo Tambroni, sono uccisi cinque lavoratori. Per ricordare l’episodio, l’anno successivo Fausto Amodei scrive la canzone Per i morti di Reggio Emilia, che collega espressamente i fratelli Cervi a questi caduti. Il canto, forse la più bella canzone politica italiana scritta nel dopoguerra, conosce una grande diffusione negli anni successivi, risuona nelle manifestazioni, nelle scuole e università occupate, nelle feste popolari.

Un altro evento contribuisce in modo indiretto a consolidare l’attenzione verso la storia dei Cervi, in particolare nel mondo giovanile. Il 7 luglio 1960, nel corso di uno sciopero proclamato dalla Camera del lavoro di Reggio Emilia per protestare contro il governo Tambroni, sono uccisi cinque lavoratori. Per ricordare l’episodio, l’anno successivo Fausto Amodei scrive la canzone Per i morti di Reggio Emilia, che collega espressamente i fratelli Cervi a questi caduti. Il canto, forse la più bella canzone politica italiana scritta nel dopoguerra, conosce una grande diffusione negli anni successivi, risuona nelle manifestazioni, nelle scuole e università occupate, nelle feste popolari.

Alcide Cervi accoglie i visitatori nella prima saletta museo
Alcide Cervi accoglie i visitatori nella prima saletta museo

Sempre nel 1961, su iniziativa della Federazione reggiana del Partito comunista è allestito uno spazio espositivo a Casa Cervi, che diventa meta per tutti gli anni Sessanta di tanti giovani che riscoprono il valore dell’impegno antifascista. Nel 1964 è promosso a Reggio Emilia un incontro tra le “due Resistenze”, quella dei partigiani e quella dei giovani protagonisti delle manifestazioni del luglio di quattro anni prima. Sul palco, a simboleggiare questa unione sono presenti papà Cervi e il fratello di Ovidio Franchi, uno degli uccisi. Intanto, l’Anpi di Reggio Emilia pubblica il volume I Cervi (Scritti e documenti), destinato alle migliaia di visitatori di Casa Cervi; ne sono stampate diverse edizioni fino a metà degli anni Settanta, a conferma dell’interesse popolare attorno a questa storia.

Un altro momento decisivo nella costruzione della memoria dei Cervi è l’uscita, nel 1968, del film di Gianni Puccini I sette fratelli Cervi, che riscuote un immediato successo di pubblico. Tra l’altro, attraverso la figura non conformista di Aldo Cervi, interpretato da Gian Maria Volontè, il film entra in sintonia con le spinte libertarie del movimento del ’68.

I 7 fratelli Cervi
Manifesto del film "I 7 fratelli Cervi", regia Gianni Puccini, 1968
Funerali di Alcide Cervi
Funerali di Alcide Cervi

Due anni dopo scompare, a 95 anni, Alcide Cervi. Per venticinque anni è stato il simbolo vivente del carattere popolare della Resistenza e delle sofferenze subite a causa del fascismo. Negli anni la sua testimonianza ha commosso e convinto tante persone. La salma, esposta nel municipio di Reggio Emilia, è meta di pellegrinaggio di decine di migliaia di persone, da tutta Italia e da tanti altri paesi arrivano messaggi di cordoglio e di partecipazione. In occasione dei funerali, il 30 marzo 1970, oltre 200.000 persone si accalcano per le strade di Reggio Emilia per portare l’ultimo saluto a papà Cervi, ennesima dimostrazione dell’affetto popolare verso di lui.

Fratelli Cervi

Nel 1972, raccogliendo le sollecitazioni fatte fin dal 1964 dello stesso Alcide Cervi, preoccupato che non andasse disperso tutto il lavoro fatto per raccontare la storia dei suoi figli, viene costituito l’Istituto Alcide Cervi e, nel 1975, il podere dei Campirossi è acquistato dalla Provincia di Reggio Emilia. Da questo momento inizia la trasformazione della casa in vero e proprio museo, allestendo una mostra permanente nella stalla principale.

Sul finire degli anni Settanta sulla storia dei Cervi si scatenano alcune discussioni. Già negli anni Cinquanta le vicende della famiglia sono state oggetto di polemiche – dopo quelle vissute da vivi con alcuni esponenti comunisti, critici verso la loro scelta di iniziare immediatamente la lotta armata per il loro protagonismo –, perché accusati da alcuni esponenti della Curia reggiana di aver praticato il mercato nero. Nel 1979 il libro-testimonianza del partigiano Osvaldo Poppi riapre la discussione sul carattere “anarchico” dei Cervi, sulla loro scarsa affidabilità e sulle tensioni con la Federazione comunista durante la Resistenza.

La casa dei Cervi oggi
La casa dei Cervi oggi

Di nuovo, nel 1990 – mentre sulla stampa nazionale infuriano le polemiche sul «Chi sa parli», la richiesta di verità sui delitti commessi da ex partigiani nel dopoguerra provocata da un intervento del presidente dell’Istituto Cervi Otello Montanari – esce il libro di Liano Fanti Una storia di campagna, che alimenta nuove discussioni attorno alla storia dei Cervi, in particolare rispetto al ruolo che avrebbero avuto i dirigenti comunisti nell’isolarli e renderli così più vulnerabili. Il complesso rapporto tra i Cervi e i dirigenti locali del Partito comunista continua suscitare polemiche, ipotesi, illazioni anche negli anni successivi (come quelle contenute nel volume di Dario Fertilio, L’ultima notte dei fratelli Cervi. Un giallo nel triangolo della morte),

anche per l’attenzione interessata da parte della destra nei confronti di questa storia. Intanto però, grazie al lavoro dell’Istituto Cervi, al protagonismo di nuovi componenti della famiglia – in particolare di Maria, figlia di Antenore, uno dei sette fratelli uccisi – alle continue visite di personalità nazionali e internazionali (primo tra tutti il presidente della Repubblica Sandro Pertini, che visita il Museo nell’aprile 1980) e alla promozione di manifestazioni popolari, casa Cervi diventa uno dei principali luoghi di riferimento per affermare i valori dell’antifascismo e della Resistenza.

L'arresto • dal film "I Sette Fratelli Cervi" di Gianni Puccini, 1968

Soprattutto dalla seconda metà degli anni Novanta nel podere dei Campirossi si svolgono partecipate celebrazioni del 25 aprile e, il 25 luglio, l’altrettanto partecipata “pastasciutta antifascista” – a ricordo di quando, il 27 luglio 1943, la famiglia Cervi festeggiò la caduta del fascismo offrendo pastasciutta agli abitanti di Campegine – con la partecipazione di gruppi musicali ed esponenti della cultura e della politica. Nel 2001 inizia anche il Festival Teatrale di Resistenza, con il coinvolgimento ogni anno di decine di compagnie. Non a caso, nel 2008 l’Anpi organizza ai Campirossi la sua prima festa nazionale.

Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro in visita al museo Cervi
Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro in visita al museo Cervi

Nel frattempo, la conoscenza del luogo e delle vicende lì vissute si consolida grazie a nuove ricerche, sia sulla storia sia sulla memoria dei Cervi, che estendono l’attenzione non più solo ai sette fratelli o al padre Alcide, ma finalmente mettono al centro il ruolo della madre Genoeffa – l’ottava vittima della famiglia Cervi, morta di crepracuore il 14 novembre 1944 dopo aver assistito di nuovo all’incendio della casa da parte dei fascisti – e delle altre donne della famiglia e poi anche dei figli, come Maria e Adelmo. Escono storie illustrate, sono allestiti spettacoli teatrali, prodotti documentari e speciali televisivi. Importante anche il contributo della musica, soprattutto con la canzone La pianura dei sette fratelli dei Gang, ma anche Sette fratelli dei Mercanti di Liquore e Marco Paolini e Campirossi de La casa del vento.

Il museo dedicato ai fratelli Cervi, allestimento attuale
Il museo dedicato ai fratelli Cervi, allestimento del 2001

Dalla fine degli anni Ottanta sono stati messi a punto diversi progetti museali e realizzazioni temporanee, con l’obbiettivo di tenere insieme, durante la visita alla casa dove sono vissuti i sette fratelli, la dimensione emozionale con quella della consapevolezza critica e della conoscenza storica. Nel 1987 è ipotizzata la trasformazione di Casa Cervi in un Museo della cultura politica dei contadini italiani, poi una nuova mostra permanente è realizzata nel 1993. Infine, cinque anni dopo è elaborato un progetto complessivo di ripensamento e riallestimento del Museo. Nel 1999 è avviato un progetto che punta a realizzare un vero e proprio allestimento museale che offra un’interpretazione complessiva della storia della famiglia Cervi.

Il nuovo museo è inaugurato nel 2001 poi, nel 2005, il percorso è completato dalla Quadrisfera, un’installazione multimediale immersiva, ed è inaugurato il parco agro-ambientale che ricostruisce il sistema agrario degli anni Trenta. Infine, nel 2008 apre dietro Casa Cervi un edificio dotato di sala conferenze e punto di ristoro, destinato a conservare al piano superiore la Biblioteca e l’archivio dello storico dell’agricoltura Emilio Sereni e gli Archivi nazionali dei movimenti contadini, fondi documentari donati dalla Confederazione italiana agricoltori. Successivamente, sono stati spostati in questa struttura anche gli uffici, la biblioteca e gli archivi dell’Istituto Cervi.

Alcide Cervi
Alcide Cervi [Fonte Istituto Alcide Cervi]

Il 28 dicembre 2021 è stato inaugurato il nuovo percorso museale, in uno sforzo di aggiornamento della sua capacità di comunicare con i nuovi pubblici che lo attraversano. Una scelta importante, soprattutto perché, con la progressiva scomparsa dei testimoni diretti della lotta partigiana, luoghi di memoria attiva come Casa Cervi acquistano sempre più importanza, in particolare in un paese come l’Italia che fatica a fare i conti con il proprio passato e a riconoscere senza riserve il contributo fondamentale della Resistenza alla costruzione dell’Italia democratica e repubblicana.

Fonti

Bibliografia minima
• M. Cerri, La pastasciutta dei Cervi. Fame, dono e sfida antifascista in una festa del luglio 1943, Viella, Roma 2023.
• C. Silingardi, P. Varesi, M. Zanoni, La scelta della libertà. Museo Cervi, il percorso di visita, Istituto Alcide Cervi, Reggio Emilia 2022.

• L. Artioli, Con gli occhi di una bambina. Maria Cervi, memoria pubblica della famiglia, Viella, Roma 2020.

• Adelmo Cervi (con G. Zucca), Io che conosco il tuo cuore. Storia di un padre partigiano raccontata da un figlio, Piemme, Milano 2014.

• M. Cerri, Papà Cervi e i suoi sette figli. Parole della storia e figure del mito, Rubbettino, Soveria Mannelli 2013.

• Alcide Cervi, I miei sette figli, a cura di R. Nicolai, Einaudi, Torino 2010.

• E. Lucenti, I Fratelli Cervi. Nascita di un mito (Annali dell’Istituto Alcide Cervi, n. 27-28, a. 2005-2006), Tecnograf, Reggio Emilia 2006.

• P. Varesi, C. Silingardi, Il Museo Cervi tra storia e memoria. Guida al percorso museale, Tecnograf, Reggio Emilia 2010 (2002).

• O. Piraccini, P. Varesi (a cura di), Museo Cervi. La raccolta d’arte contemporanea, Istituto Alcide Cervi, Reggio Emilia 2001.

This error message is only visible to WordPress admins
Error: There is no connected account for the user 17841446932561808.